Da oltre ottant'anni le Distillerie De Negri di Vittorio Veneto offrono ai propri consumatori prodotti di elevata qualità, ponendo una particolare attenzione alla cura dei minimi dettagli. Ecco perché nella produzione della grappa, ad esempio, le vinacce distillate sono sempre sane e selezionate, ma soprattutto vengono lavorate ancora fresche, lasciando trascorrere un brevissimo tempo tra la vendemmia e l'inizio del processo di distillazione. Distillazione che segue un processo rigorosamente tradizionale, tramandato di generazione in generazione, e artigianale: in discontinuo, utilizzando piccole caldaie in rame, le uniche in grado di esaltare le caratteristiche di ogni singolo prodotto. La "graspa" si sa è un prodotto tipico dell'Italia del Nord, conosciuta ed apprezzata ormai in tutta la penisola ed all'estero come ottima conclusione di un buon pranzo e digestivo naturale. Oggi le distillerie De Negri sono orgogliose di presentarvi il meglio della propria produzione: grappe e liquori. Prodotti molto diversi tra loro e dotati di caratteristiche uniche accomunati dalla riconosciuta qualità e preziosità.
Fondazione della Francesco De Negri &C.
Negli anni venti, l'attività liquoristica a Vittorio fu in mano a diversi proprietari, Francesco De Negri era dipendente di uno di loro e si ricordava della raccolta di frutti di bosco in Cansiglio,fatta dalle donne di Fregona, alloggiate in una baracca sul posto, colle quali era incaricato a tenere i contatti. Ricordava anche della montagna di cambiali che aveva il proprietario,per cui raccomandava a suo nipote di non prestare avallo ad una cambiale se non si avevano i soldi per pagarla poi realmente al posto del debitore. Ricordava anche che il suo padrone, faceva allestire carrozza e cavalli per portare quattro damigiane di grappa, per evidenziare la pochezza del lavoro che c'era. Al fallimento di questa attività la rilevò assieme a un certo Pianca, che era un possidente del posto,facendosi prestare dei soldi da un macellaio benestante. Della sua passata condizione sosteneva che chi non è stato dipendente non sa cosa è il lavoro. Entrò in società Giovanni Della Giustina, che rappresentando un altra ditta di liquori,aveva una notevole clientela in Cadore. Sapeva tenere i conti, ma era più versato a concludere affari, per cui fu contento quando entrò in società suo fratello Giovanni De Negri, che faceva l'impiegato nella Tipografia Longo e Zoppelli. Il socio Pianca si era poi ritirato,sostenendo che non voleva rischiare le sue proprietà perché Francesco azzardava un po' troppo negli affari e lui ormai aveva una certa età. Il lavoro e l'intraprendenza portò subito l'azienda ad una costante crescita ed affermazione. (Biografia di Francesco De Negri a fine pagina)
Collegamento esterno di una puntata di "Casa Rai 1" trasmesso dalla Distilleria De Negri
Immagini negozio
Antico ricettario (1924)
Grappa e liquore prugna di fine anni quaranta
RICORDANDO FRANCESCO DE NEGRI
FONDATORE DELLA
DISTILLERIA F. DE NEGRI & C. di VITTORIO VENETO
Brevis a natura nobis vita data est
at memoria bene redditae vitae sempiterna.
Cicerone.
Francesco nasce il 16 Luglio 1899 nella famiglia di Francesco De Negri ( padre) e Rosa Della Giustina (madre), come secondogenito di tre fratelli; Giovanni classe 1896 e Gilda classe 1901.
Il padre , artigiano, svolge l’attività di capo sarto presso la caserma militare dell’Esercito del Regno d’Italia a Serravalle-S.Giustina; (nel passato, fino al 1859, la caserma era Scuola Superiore Militare dell’Impero Austro-Ungarico). Con l’aiuto di alcune lavoranti confezionava, adattava e riparava le divise dei militari presenti. Il padre sperava che il figlio Francesco fosse un suo degno successore, ma, l’interessato, tale idea , non solo mai la coltivò, ma tanto meno pensava di passare la sua vita tra ago, filo e tessuti.
Francesco era, per indole, una persona libera e ricca di iniziative; i vincoli, di qualunque natura essi fossero, lo preoccupavano. Nella giovane età, certamente senza rendersene conto, era condizionato da una certa forma di creatività.In lui, ad esempio, era impellente l’apprendimento della musica, non come studio serio e metodico,ma come autodidatta soprattutto nell’imparare ad usare qualche strumento ed in particolare con la predilezione verso il mandolino con qualche tentativo di approccio al violino. Tale sua passione lo portò a formare piccoli complessi con i coetanei, se non, addirittura, rischiando l’illegittimità,ad autodefinirsi Maestro aprendo un corso di musica. (foto n°1 Francesco col mandolino)
Queste suo vivere liberal-genialoide lo spinse anche alla recitazione e nella storia locale fu ricordato un curioso aneddoto, non tanto per la recitazione, quanto invece per uno speciale costume che volle crearsi dovendo sostenere la parte di un mutilato nella commedia: I DUE SERGENTI uno dei quali figurava privo di una parte della gamba dal ginocchio in giù. Con particolari accorgimenti aveva nascosto cosi bene la parte inferiore della gamba destra da sembrare privo della stessa ed in sua vece si era costruita una stampella di legno che, dopo alcuni giorni di allenamento,la sapeva magistralmente usare. Il pubblico presente, specie quello femminile, commiserava affettuosamente quel giovane attore vittima di questa grave invalidità. (Francesco ne andava orgoglioso di questo successo).
Un altro aneddoto riguarda la sua innata curiosità per le novità tecnologiche: erano gli anni nei quali era comparsa sul mercato la “Radio Galena”, cioè l’uso di un cristallo di Galena (solfuro di piombo) che per le sue peculiari caratteristiche chimico-fisico- cristallografiche poteva selezionare una particolare onda da emittenti radio ed ascoltare in cuffia quanto trasmesso. Francesco, nella sede dell’Associazione “
Francesco, come tutti i suoi coetanei, dopo la disfatta di Caporetto (Novembre 1917) venne arruolato e anche lui partecipò a quella gloriosa schiera di giovani che successivamente venne denominata: “i Ragazzi del Novantanove”. In realtà il giovane militare non fece vita di trincea, perché la sua innata passione per la musica lo tenne lontano dal fronte inserendosi, come unico mandolinista, nell’orchestrina del 1° Battaglione del Reggimento di Fanteria come è documentato nella foto ricordo dove Francesco De Negri è seduto a sinistra col mandolino. (foto n°2)
Congedato, si trova senza lavoro. Nel frattempo sua sorella Gilda, rientrata in famiglia dopo un anno passato in Toscana a Fiesole come profuga, aveva trovato una modesta occupazione come commessa in un negozio adibito alla vendita di vini e liquori.. Dopo circa un anno la sorella Gilda è prossima alle nozze e pensando di lasciare questa attività, presenta al suo datore di lavoro il fratello, che in breve viene assunto come garzone alle dipendenze di proprietari titolari in Vittorio di attività liquoristiche. Il destino ha voluto che così si aprisse per il fratello Francesco una strada, certamente non cercata, ricca di soddisfazione e di prestigio. Su questo lavoro spetta ad altri raccontare lo svolgersi degli eventi.
Gli anni passano e nel 1938 Francesco, acquistata una discreta agiatezza, si sposa, ma dal matrimonio non nascono eredi per cui rivolge tutta la sua attenzione ai tre figli del fratello Giovanni, rimasti orfani in giovanissima età, Franco, Silvano e Mario titolari del nome De Negri.
Stante le nuove possibilità economiche, il nostro personaggio può soddisfare alcuni suoi desideri: il piacere di ascoltare la grande musica, in particolare la musica lirica; si regala allora delle interessantissime raccolte di dischi a 78 giri (oggi veri documenti storici) di opere complete di grandi autori come Verdi, Boito, Puccini, Bellini, Leoncavallo, Mascagni, Giordano e altri, ascoltate mediante i migliori riproduttori in commercio. A tal proposito si ricorda il ripetersi di un grazioso ma significativo episodio: il giorno di Pasqua di ogni anno usava ascoltare il brano della Cavalleria Rusticana di Mascagni, diretto dallo stesso autore con la partecipazione di cantanti come Beniamino Gigli, Giulietta Simionato, Gino Bechi, del Coro e dell’Orchestra della Scala, dal titolo “Inneggiamo, il Signor non è morto”, a tutto volume,aprendo le finestre della sua abitazione in modo che tutto il vicinato potesse festeggiare
Sul finire della seconda guerra mondiale il suo animo nobile fu profondamente turbato da una vigliacca aggressione; una notte, da un vicino muretto, confinante con la sua proprietà, venne sparato un colpo di pistola indirizzato verso la finestra della sua camera da letto; il proiettile finì sulla testiera del letto a cinquanta centimetri dalla testa. L’odio e l’invidia rodevano, in quelli anni, la mente dei delinquenti. Ci furono sospetti? Forse. E la cosa finì lì.
Cessati i tragici anni della guerra, in un clima più disteso e sereno mentre riprendevano vigore e forza tutte le attività legate alla ricostruzione, ritornavano anche le piccole tradizioni tra le quali quella di bere in compagnia degli amici, la famosa “ombra” al termine della giornata lavorativa e il punto d’incontro per Francesco era l’osteria “
Questo era il luogo preferito di vari personaggi: Letterati, Storici, Avvocati, Medici, Tecnici, Imprenditori, Filosofi, Professionisti affermati ed altri. Tra tutti questi amici, ad un certo momento, venne l’idea di costituire “ l’Academia de
Purtroppo, in contrapposizione a questa personale soddisfazione, nel giro di qualche anno la sua salute cominciò a vacillare; in breve tempo le sue condizioni gli impediscono di uscire nonostante gli auguri in versi, misti a dolce rimprovero, scritti da un anonimo poeta e che qui vengono integralmente riportati (foto n°4).
A questo punto corre l’obbligo di tradurre il testo latino della Philippica (14,12,22) di Cicerone riportato in premessa;
La natura ci riserva, in definitiva, una vita breve – mentre più lunga è la memoria di una vita ben spesa.
Se raccontare, come è già stato detto, la storia della Distilleria F. De Negri & C. di Vittorio Veneto spetta ad altri ed in particolare al nipote rag. Franco De Negri unitamente al figlio rag. Giovanni, chi ha scritto alcune parentesi della vita dello zio Francesco è stato il nipote Pierfrancesco, figlio della sorella Gilda per cui, come titolo finale di questa cronaca, passando dalla forma impersonale del narratore a quella in prima persona, desidero inviare ad un grande ed indimenticabile Zio una breve , piccola parola che non è formale, non significa addio e nemmeno arrivederci, ma è la parole del quotidiano, è la parola più confidenziale possibile, è la parola che si usa in famiglia ogni giorno, ogni ora,ogni momento e che racchiude in se il piacevole ricordo di chi si è visto: CIAO ZIO CHECHI !
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